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Anno europeo del disabile: un fantasma si aggira per l'Europa. Riflessioni mentre rullano i tamburi - Capitolo 26

Aggiornato il 09/07/2024 08:00 
 

Molto o moltissimo si è detto in questo anno del Disabile, finalmente finito. Se dovessi fare un bilancio lo sintetizzerei in queste semplici domande e risposte.

Cosa si aspettavano i disabili da questo evento? Poco! qualcosa! non si sa mai! magari è la volta buona!

Cosa si aspettava invece il mondo che ruota, lavora, si alimenta o prospera intorno alla disabilità? Tantissimo: riconoscimenti, visibilità mediatica, finanziamenti e incentivi.

Cosa ha prodotto per i disabili l'anno europeo del Disabile? Qualcosa: la Legge Stanca, ma anche segni contraddittori del buonismo sbandierato.

Cosa ha prodotto per ciò che gravita intorno ai disabili? Convegni, iniziative, articoli di Giornale, propaganda, sponsorizzazioni, operazioni di Immagine. Dunque parecchio.

In conclusione: cosa ha prodotto nel complesso l'evento anno del Disabile?

qualcosa + parecchio = molto.

Per questo motivo i testi proposti nel seguito di questo capitolo, come recita il titolo, vogliono proporre una serie di riflessioni mentre intorno tuona la grancassa mediatica: oggi la società dell'Informazione già renderebbe possibile e perfino necessario un approccio ai problemi della disabilità, basato più su criteri di progettazione "for all" che su soluzioni specialistiche. Dire "società senza esclusi" vuol dire dare a tutti i cittadini, indipendentemente dalle loro condizioni economiche, sociali, religiose, pari opportunità di accedere e di fruire delle nuove modalità di Informazione, Istruzione e interazione Sociale, esercizio dei Diritti civili e politici e questo vuol dire siano essi superdotati, normali, disabili, neri, marziani, alien.

In questo anno del Disabile però non abbiamo visto gran che di tutto questo: Il materiale proposto vuole offrire proprio una differente chiave di Lettura e soprattutto, ora che è cessata la fanfara mediatica, offrire spunti per una riflessione più matura.

All'inizio dell'anno europeo del Disabile l'allora direttore editoriale di Superabile, il portale dell'INAIL dedicato alla disabilità, Franco Bomprezzi, tra l'altro cofirmatario del testo di Legge di cui al capitolo 23, esprime l'auspicio di "uscire di scena, scomparire" dalla ribalta mediatica indotta dall'evento. L'articolo era apparso su Golem. Vedi Press Visione n. 1096 del 22-01-2003. Lo si riporta, oltre che per essere magistrale, soprattutto perché, riletto a distanza di un anno, risulta talmente lucido da fare supporre a qualcuno doti profetiche.

Nel luglio 2003 Giovanni Caloria lancia la sua protesta per esplicitare che in molti contesti culturali e sociali ai disabili vengono conculcati Diritti fondamentali come quelli civili e politici. Il testo, tratto dalla lista di discussione LISTAVISTA, (8 luglio 2003) denuncia il caso, non unico, di presidenti di seggio che non consentono al non vedente il Diritto di farsi accompagnare in cabina, dicendoti invece che non hai Diritto di votare in quanto inabile, o direttori di banca che si rifiutano di aprirti un conto per la stessa ragione riproponendo il problema delle decine di "seccature" e "fastidi" addizionali che ciascun Disabile è costretto a scontare a causa dell'arroganza, dell'ignoranza e del pregiudizio. Riporto di seguito un mio commento a riguardo, sempre tratto da LISTAVISTA, in cui per sdrammatizzare, quasi si celia evidenziando alcuni episodi grotteschi dal proprio vissuto.

Il lancio mediatico del nuovo neologismo "diversamente abile" è una conferma della vecchia prassi fin qui adottata e supportata di cambiare nome alle cose per non cambiarne la sostanza; In questi 20 anni siamo stati: inabili, handicappati (nel senso ippico di "mano al cappello"), disabili, diversamente abili, diversabili, superabili, ma mai cittadini come gli altri. Questo ha scatenato un grosso dibattito tra disabili su LISTAVISTA di cui riporto un mio intervento in cui a partire, quasi per gioco, dall'inversione logica dei termini della locuzione "diversamente abile" nel suo equivalente ma più reale "ugualmente Disabile" si propone una Lettura in chiave storico-filosofica delle ragioni culturali profonde che originano certi comportamenti collettivi nei confronti dell'"altro" e quindi anche del Disabile, che ne condiziona il modo con cui ci si rapporta.

Infine, per chiudere questa particolare inquadratura dell'anno del Disabile, si riporta, sempre da LISTAVISTA, un articolo di Salvatore Nocera (federazione superamento handicap, FISH), in cui si tenta un bilancio poco lusinghiero di questo anno del Disabile, e si esprimono perfino dubbi di parecchie associazioni di settore sulla propria partecipazione alle manifestazioni conclusive dell'evento, il 3 dicembre, annunciato in "pompa magna" e poi avvenuto in sordina. In particolare si sottolineano alcuni provvedimenti legislativi che avrebbero vanificato i benefici della n. 68 del 99 sul collocamento al Lavoro dei disabili; parecchie associazioni hanno cercato di promuovere un movimento trasversale sfociato nella proposta di numerosi emendamenti alla Legge finanziaria, in particolare per quanto riguarda i tagli previsti sul wellfare.

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Franco Bomprezzi: "un fantasma si aggira per l'Europa: l'anno internazionale delle persone come me.

"Un fantasma si aggira per l'Europa: l'anno internazionale delle persone come me. Ossia delle persone con disabilità.

Incombiamo come una minaccia, zombie che premono dai teleschermi all'ora di cena, con i nostri problemi minuti, con la nostra pretesa di vivere una esistenza normale.

Bruttini da vedere, molto spesso. Con le mani avvinghiate a ruote smisurate di carrozzine che traballano su marciapiedi sconnessi. O con la testa che oscilla sotto gli impulsi incontrollabili di una spasticità, confusa ancora adesso con la mancanza di Intelligenza. Oppure ancora con le pupille che vagano imbizzarrite, da destra a sinistra, di persone non vedenti che non portano più gli occhiali affumicati di un tempo, ma così turbano il quieto vivere di famigliole avvezze ai sorrisi della pubblicità ipernutrita.

Per non parlare delle storie "vere" che intristiscono i rotocalchi, invadono i talk show, si espandono nei siti Internet, provocando sensi di colpa, ma anche reazioni stizzite di legittimo egoismo edonista.

Siamo un esercito. È bene che lo sappiate, cari navigatori. Siamo tanti, di ogni tipo e qualità. Le statistiche si sprecano e si rincorrono, in una corsa al rialzo che sarebbe benefica solo per le Borse internazionali, se fosse trasferibile per incanto. Trentasei milioni in Europa, il cinque per cento della popolazione, dunque quasi tre milioni di persone in Italia, anzi no, parlano ora di cinque, addirittura sei milioni di cittadini. C'è chi azzarda senza ritegno: "siamo tutti disabili".

Io assisto a questo fenomeno mediatico non avendo ancora deciso se esprimere soddisfazione o disgusto. Vorrei emigrare in un'isola tropicale per i prossimi dieci mesi, e tornare alla fine del 2003, giusto in tempo per la celebrazione finale, l'apoteosi pubblica, che avverrà in Italia il 3 dicembre prossimo, in una singolare coincidenza con il semestre dell'Unione Europea affidato al nostro Bel Paese, e dunque con il Presidente del Consiglio che (facendo gli scongiuri del caso) dovrà parlare di handicap e di disabilità, lui che non ha mai fatto mistero, fino a quando guidava solo le sue reti televisive, dell'assoluta contrarietà alla sola ipotesi di parlare e di mostrare l'handicap, realtà che avrebbero rattristato le famiglie, abbassato bruscamente l'audience, e dunque decimato gli introiti pubblicitari.

Lo spettacolo è assicurato. Devo dire che non ha tutti i torti. È meno ipocrita di altri. Come lui la pensano ad esempio tutti i grandi gruppi industriali del nostro amato Paese, che non hanno mai investito in campagne di comunicazione che in qualche modo prevedessero anche la presenza di questa rilevante fetta di popolazione. Un Anziano in carrozzina ogni tanto può anche scivolare in onda senza che nessuno se ne accorga, ma una giovane ragazza paraplegica non riuscirà mai a pubblicizzare una marca di jeans, come avviene da tempo negli Usa.

Diciamo la verità. In Italia la cultura della disabilità è cresciuta come in un ghetto. Ci parliamo tra di noi. Io sono un giornalista, è vero, lo ammetto. E forse anche questo è un segno di disabilità. Ma mi accorgo che ogni volta che cerco di spiegare ai miei colleghi che cosa significhi vivere e convivere con un handicap, sono costretto a parlare a lungo, a citare esempi, a sviluppare argomenti, ad enumerare leggi, a raccontare aneddoti curiosi. Perché i miei colleghi, in fin dei conti, pensano che tutto sia risolto, che tutto vada bene. Le barriere architettoniche? Ancora? Ma non sono state abolite per Legge? Certo, le autostrade sono ingombre di quel simbolo idiota, quell'omino stilizzato che non muove mai un braccio, che non ha un'espressione ma soltanto un'enorme ruota. La parte per il tutto, si chiama metonimia, se non erro. Io sarei come lui? Ma mi avete visto? Barba grigiastra, capelli altrettanto, pancia prominente, gambe di lunghezza differente; sono una specie di puffo a rotelle, che da cinquant'anni si muove come può, senza mai rinunciare alla vita, convinto come sono che non posso fare altrimenti, e che questo è il mio destino, e che sarebbe stato assai meglio averne uno diverso, ma che, insomma, tutto sommato, poteva anche andarmi peggio. Ma quell'omino stilizzato non lo sopporto più. Non mi rappresenta. È uno stigma che non accetto. La Scuola?

Ma non avete gli insegnanti di Sostegno? Il Lavoro? C'è il collocamento mirato. E poi avete i parcheggi riservati, i servoscala, i servizi igienici chiusi a chiave solo per voi, i congedi parentali, l'indennità di Accompagnamento, le badanti, l'esenzione dal ticket, l'IVA ridotta sull'acquisto delle automobili e anche sul Computer... Insomma, diciamo la verità: essere persone disabili, oggi, è quasi una fortuna. Discorsi che ho sentito, parole pronunciate senza scherzare, con convinzione assoluta, anche da persone assennate e colte.

Non è vero? Sto scherzando? Io temo invece che una larga parte dell'opinione pubblica stia pensando proprio che questa cosiddetta "fascia debole" sia fin troppo tutelata. Non a caso si comincia a far strada, proprio in questo magnifico e progressivo 2003, l'idea di ritornare alle scuole speciali, di favorire i laboratori protetti, le residenze assistite (una volta si chiamavano "istituti"). Insomma lo scarto fra le leggi e il senso comune, la differenza che passa tra il buonismo e la realtà dura "on the road", il paradosso di una società ipertecnologica che non è capace di fornire soluzioni intelligenti neppure per alzarsi dal letto, se si è soli in casa, mi sembra che stia diventando palese e palpabile, e richieda una riflessione obiettiva, globale, culturalmente accettabile.

Il dis-incanto (è curioso davvero come questo prefisso "dis" possa assumere valenze diverse a seconda del contesto) nasce in me dalla sensazione che la prossima stagione porterà alla ribalta la versione "business" della disabilità: ossia sul carro delle statistiche roboanti saliranno avventurieri e neofiti, furbacchioni e disperati, uniti dalla speranza di riuscire a trasformare il letame in diamanti (parafrasando De Andrè).

Tre milioni di cittadini sono un target invidiabile per chiunque voglia mettersi in affari. Possono interessare alle assicurazioni, agli albergatori, ai venditori di ausili, ai costruttori di alloggi pubblici, ai fornitori di servizi, a chiunque sia convinto di avere la bacchetta magica per risolvere problemi che invece sono complessi e sfaccettati.

Non esistono le persone disabili. Esistono le persone. I singoli, ognuno con la propria realtà, le personali aspettative di vita, i differenti livelli di cultura e di censo.

Basterebbe, questo sì, applicare l'articolo 3 della Costituzione, che non prevede discriminazioni fra i cittadini.

Ora si parla del trattato di Amsterdam dell'Unione Europea (articolo 13), ma la nostra cara vecchia Costituzione repubblicana avrebbe già tutto l'occorrente per garantire pari opportunità anche a chi, come me, ha sempre dovuto lottare "un po' di più", ha dovuto impiegare ogni giorno qualche ora di troppo per fare le medesime cose degli altri.

Quando ero più giovane avevo la curiosa ambizione di occuparmi, da giornalista, di tutto fuorché dell'handicap. Dicevo ai direttori: "È come se chiedeste alle colleghe Donne di occuparsi solo di ciò che riguarda la condizione femminile".

Mi hanno dato retta: ho fatto il capo della Cronaca (al "Mattino" di Padova), e il capo dei servizi culturali, ma anche il cronista, agli inizi, faticando non poco, ma convinto di essere una persona normale, solo con qualche problema di mobilità in più. Allora (anni Ottanta) non c'erano molte leggi a tutelarmi. E io riuscivo tranquillamente ad andare allo stadio in tribuna centrale, magari facendomi aiutare dagli amici per salire qualche gradino; oppure andavo a teatro, senza essere relegato negli "spazi per voi disabili"; seguivo i concerti dei miei beniamini senza dover essere scortato da un "accompagnatore". Pagavo il biglietto, e mi sentivo libero. Oggi sono protetto, sono considerato una categoria Speciale, ho timbri e certificati. E mi sento un po' più triste e meno libero.

Una via d'uscita? Usare il 2003 per rompere gli schemi e le barriere culturali, per Aprire un dibattito trasversale fra culture impegnate nella difesa dei Diritti di tutti. Essere Disabile in Italia, oggi, non è la stessa cosa che esserlo in Sudan, o in Iraq, o in Palestina. Questo, semmai, è il nostro vero privilegio, del quale le persone disabili italiane spesso non si rendono conto, paragonando se stesse al modello americano (spesso enfatizzato, perché si dimentica che accanto a indubbi successi nel campo della mobilità, gli Usa presentano rispetto a noi problemi assai gravi di integrazione Sociale e di Assistenza sanitaria).

Vorrei insomma un EuroDisabile meno convinto di dover accampare ulteriori Diritti, e più impegnato a sostenere semplicemente la propria identità di persona, di cittadino qualunque, non sempre buono, non sempre gradevole. A volte, per fortuna, anche insopportabile.

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Giovanni Caloria protesta. Diritto di voto talvolta conculcato ai non vedenti

Questo testo racconta la protesta di Giovanni Caloria. Inviato a LISTAVISTA da una sua amica, Rosa acconcia, l'8 luglio 2003.

Nel giro di un mese sono stato involontario protagonista di due disavventure che molto volentieri rendo pubbliche. Mi limito ai fatti:

Il 26 maggio, in occasione delle elezioni amministrative, come ogni cittadino che sceglie consapevolmente di votare, mi sono recato al mio seggio per poter esercitare questo mio Diritto.

Cieco dalla nascita, ci sono andato, come da circa 40 anni, accompagnato da un amico per avvalermi del voto assistito, come sempre.

Il Presidente del seggio, guardata la mia documentazione, carta di identità, tessera elettorale più volte, timbrata, libretto nominativo dell'indennità di Accompagnamento che percepisco, decide che io non posso votare perché "impedito". Cerco di spiegare, con buone maniere, che "impedito" è lui perché fuori di zucca. Per rafforzare la sua posizione il Presidente si avvale anche di uno scrutatore il quale ribadisce che io non avevo Diritto di voto senza un certificato rilasciatomi dalla ASL.

Dopo un'ora di battibecco, diventato mordace e piccante, convinco il Presidente a telefonare all'ufficio elettorale di Acireale. Per fortuna i funzionari dell'ufficio conoscevano la nutrita legislazione che regola la "spinosa" materia e finalmente fui ammesso insieme al mio amico in cabina per espletare il mio voto.

Nei giorni seguenti ho interpellato tutti i ciechi siciliani di mia conoscenza e scopro che molti di loro non si avvalgono del Diritto di voto perché si sono imbattuti nelle medesime difficoltà: rinunciano a votare accettando il suggerimento dei presidenti di seggio.

Seconda avventura

Il 18 giugno mi reco di buon mattino allo sportello del Credito siciliano di santa Venerina per Aprire un conto corrente bancario.

Il direttore, lieto, sognando di avere un nuovo cliente, mi accoglie festosamente; mi fa firmare le carte necessarie all'apertura del conto, riservandosi una risposta telefonica nel giro di 48 ore.

Passa una settimana e nessuna risposta. Mi reco allora in banca per sentirmi dire che non posso Aprire il conto bancario senza l'aiuto di un "garante"; posso solo, bontà sua, Aprire un libretto bancario di risparmio per depositare i miei Soldi. Ma, in questo caso, ho dovuto fare ricorso all'ironia e senza mezzi termini gli ho chiarito che il "garante" si dà allo scemo e siccome lo scemo era lui, si prendesse pure il "garante" per fare il direttore. Ho preteso, a quel punto, che strappasse i fogli da me firmati uno per uno, leggendo prima a Voce alta il contenuto del Foglio.

Mi ha chiarito che il rifiuto all'apertura del mio conto corrente bancario non dipendeva da lui ma dai suoi superiori e che lui era dispiaciuto di non avermi come cliente, ma non poteva farci niente.

In buona sostanza i dirigenti del Credito siciliano ritengono il cieco incapace di intendere e di volere. A questo punto mi chiedo perché scattano meccanismi così nefasti, così perversi in coloro che usano il potere per opprimere i propri simili e non come un servizio reso ad altri cittadini?

Vi propongo queste sintetiche considerazioni:

1. Nelle zone non metropolitane del sud tutti vivono la loro esistenza da sudditi, non da cittadini.

2. Nelle culture sottosviluppate il "diverso" non viene visto mai come una risorsa, come un valore aggiunto, bensì quale portatore di problemi; in realtà sono i "normali" che manifestano enormi problemi che troppo spesso fingono di ignorare, in relazione ai loro parametri "miserabili" della propria vita quotidiana. Molti di coloro che hanno conquistato posizioni di potere e i privilegio con raccomandazioni o con l'acquisto di titoli di Studio, alla stregua di qualsiasi altra merce, sognano una umanità che vive ancora all'età della pietra.

3. Spesso coloro che esercitano il potere solo occasionalmente, alludo ai presidenti di seggio, diventano più… burocrati insensati rispetto ai burocrati professionisti che fino a ieri avevano criticato.

Le moltissime cose che non ho scritto per non tediarvi, le aggiungerete voi. Le iniziative che decideremo di prendere, (spero che la protesta giunga chiara e forte alle orecchie del potere), mi vedranno come sempre in prima fila.

Giovanni Caloria Insegnante di Filosofia in Pensione, risiede ad

Acireale via Caccamo 33 Acireale (Ct) 95024

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Mio commento alla giusta protesta di Giovanni Caloria sempre tratto da LISTAVISTA (12 luglio 2003)

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Quanto alla tutela obbligatoria cui siamo sottoposti da funzionari, impiegati, fattorini, tecnici, e soprattutto dagli analfabeti, Che dire!

Saremo costretti a fare quello che abbiamo sempre fatto: resistere alcuni, cedere altri, ma non si tratta di due partiti, bensì di due istanze che ciascuno di noi sceglie di volta in volta.

Deve niente affatto stupire quanto far riflettere l'aneddoto paradossale su cui ha dissotterrato l'ascia Giovanni Caloria: il comico è che si vuole negare Diritto di partecipazione politica a uno che fa politica attiva da 25 anni almeno, tant'è che è stato anche l'unico non vedente, che io sappia, che ha gustato le patrie galere per motivi politici.

Conosco Giovanni di fama attraverso radio popolare, ma deve essersela vista brutta tornando in Sicilia! me lo sono legato al dito il poliziotto di Catania che mi ha fatto scendere dall'ultimo autobus utile per rientrare al campeggio e costretto a una decina di chilometri di pedivia su una statale balneare piena di spostati e di ubriachi. L'autista aveva paura del cane e si rifiutava di partire e la sceneggiata durò un'ora circa ma alla fine vennero in tre, forzuti e decisi, tre poliziotti e bisognò mettersi la coda tra le gambe.

Ho anche rimpianto questo mio cedimento: avrei dovuto farmi portare in caserma, farmi denunciare per resistenza a pubblico ufficiale e interruzione di pubblico servizio, aspettare l'ordine del giudice, chiamare a mia volta in giudizio l'Azienda tramviaria di Catania, il suo autista e i troppo zelanti poliziotti, ma non volli rischiare di trovare chiuso il campeggio.

Un'altra volta fu il capitano di un vaporetto Napoli-Capri a rifiutarsi di partire per mancanza di museruola del mio Cane guida.

Qualcuno mi voleva far viaggiare col Cane guida nel vagone bagagliaio del treno.

Mi impediscono l'accesso, sempre per lo stesso motivo, agli stabilimenti balneari perché il cane non può stare sulla spiaggia maa Marina di Carrara venne la capitaneria di porto a dirmi invece che il cane non poteva stare in acqua ma sulla spiaggia sì. (situazioni alla Courtelaine).

Nessuno ha il Diritto di costringermi a fruire dei bagni dei disabili, nessuno deve arrogarsi il Diritto di farlo in nome di qualche Legge, che è semplicemente tenuto a mostrare se ci tiene. Poi, pur maledicendo chi ha inventato quel luogo di tortura in cui non si è a proprio agio nemmeno a far pipì, ci sono volte in cui preferisco, specie nei posti più sozzi e maltenuti, assoggettarmi al bagno Speciale.

Ma il poliziotto non ha il Diritto di accompagnarmici forzosamente e peggio ancora di impedirmi ciò che agli altri cani è permesso: alzare la gamba e innaffiare un pneumatico.

Un aneddoto veloce.

Entro nella posta centrale di Napoli e una gentile signorina mi si para davanti dicendo di essere della polizia.

Le domando cosa vuole e mi risponde che il cane non può entrare.

Allora sbotto in una fragorosa risata e le dico ad alta Voce nell'androne: "e da quanto di qua i poliziotti, che di solito dovrebbero acchiappare i criminali, sono stati messi invece a fare gli accalappiacani?"

E il maresciallo dall'altro lato dell'androne, con chiaro Accento avellinese: "patrizia, lascia stare, quello cià la leggia".

E Patrizia allora cambiò tono ed allora, visto che c'era, la pregai di prendermi il modulo, compilarlo e spedirlo, scavalcando ovviamente la fila.

e nessuno fiatò: specie se accompagnati dai poliziotti i disabili hanno la "leggia" anche di scavalcare le file.

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Donato Taddei: ugualmente Disabile e per giunta diversabile! toh, beccati questo!

(14 ottobre 2003: sempre tratto dalla lista LISTAVISTA)

Da noi in occidente c'è un modo di ragionare monodirezionale: gli "ok" da un lato, i "non ok" dall'altro, secondo le ultime schematizzazioni psicosociologiche partorite dalla cultura americana.

Questo deriva in buona parte dall'integralismo cristiano: quello delle crociate o quello che bruciava le streghe, i catari, Giordano Bruno, e Galileo la scampò con una italianissima ritrattazione.

La dialettica come compresenza e contraddizione di antinomie, presente nella cultura greca, che l'aveva importato dall'Oriente, non era conciliabile col manicheismo dell'era cristiana e perciò dovettero passare 18 secoli prima che Hegel e poi Marx la riproponessero.

Nonostante la realtà, come noi la "percepiamo" attraverso i sensi e "conosciamo" attraverso la ragione, presenti continuamente che nessun fenomeno è ascrivibile a una categoria assoluta e immutabile, proprio perché in eterno divenire, si continua a ragionare in termini manichei, mostrando tutta la nostra Miopia o "cecità" o ancor meglio "disabilità cognitiva".

Infatti credo per ciascuno di noi è difficile immaginare il concetto di "diverso e contemporaneamente uguale", eppure non c'è fenomeno della realtà che non sia al contempo differente in ciascun momento e al tempo stesso uguale a se stesso.

Da questo limite culturale nasce tutto il resto e dunque non è questione di quale parola usare per bollare o riscattare qualcuno.

Il concetto di "solidarietà" di cui siamo capaci è quello di "aiutare chi sta peggio" perché, poverino, ha bisogno di noi che siamo buoni e perciò noi, aiutandolo, possiamo aspirare al Paradiso, magari anche in terra.

Così "aiutiamo" i poveri del terzo mondo con scorie radioattive, rifiuti industriali, derrate alimentari scadute, e, quando occorre, insegniamo loro il progresso con le bombe, ovviamente "intelligenti", come noi, del resto.

Ovviamente la nostra lucida, scientifica e morale visione del mondo ci impedisce ad esempio di capire che la nostra stessa civiltà di "vacche grasse" si poggia sul Lavoro, sullo sfruttamento, sull'impoverimento progressivo dei "poverini" e che, prima o poi, i poverini ci assaliranno semplicemente per fame, e si sa che ogni Animale diventa feroce quando ha fame!

Certo se abbattono le "twin towers" qualche dubbio ci assale e corriamo in chiesa a pregare ma, passata la paura, possiamo richiudere gli occhi beati.

E che c'entra questo coi "diversabili"?

C'entra, io credo, ed anzi credo che sia questa la principale chiave di Lettura anche delle distorsioni anche terminologiche che ne discendono.

La sola differenza è che l'opulenza permette di distribuire oboli e facilitazioni, e soprattutto permette lo sviluppo di un terziario ad hoc che su questo prospera, ammantato di buoni sentimenti e soprattutto di "pie intenzioni" che appunto rimangono tali.

Infatti solo la "disabilità cognitiva" di cui sopra può spiegare la fatica sovrumana che occorre per far passare concetti intuitivi anche per un bambino di 5 anni: per esempio che uno "scivolo" è una "comodità" non solo per lo "storpio" in carrozzina ma anche per una mamma con passeggino e buste, o per un facchino, o che se il Web è Accessibile e semplice è una "comodità" anche per gli sprovveduti, e soprattutto che prima di essere "normo" o "super" si è fatto pipì nel letto e che, se va bene, ciascuno, prima di morire, sarà Sordo, cieco, Disabile motorio o rimbambito.

Troppo difficile capire! Troppo difficile!

Donato

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Salvatore Nocera: 2003 anno europeo del Disabile: bilancio in rosso

(sempre tratto da LISTAVISTA: 29 ottobre 2003)

2003 anno europeo, un bilancio in rosso

L'anno che l'Europa ha dedicato alle persone con disabilità si avvicina alla conclusione e non mancano le critiche. Si moltiplicano i convegni ma l'impalcatura normativa predisposta dal governo proprio in questi ultimi tempi suscita preoccupazione nelle associazioni.

di Salvatore Nocera

Mentre si infittiscono i convegni sull'anno europeo delle persone con disabilità, piovono anch'esse sempre più fitte le critiche all'impalcatura normativa predisposta dal governo in questi ultimi tempi. I convegni, numerosissimi e spesso molto interessanti, mostrano l'attenzione, non sempre formale, di enti locali ed associazioni sui Diritti delle persone con disabilità.

Le critiche delle associazioni ai progetti di Legge governativi sottolineano il totale dissenso dal scelte governative che invece non vogliono comprendere come le persone con disabilità e le loro associazioni non accettano più, in larga maggioranza, un atteggiamento di filantropismo compassionevole, ma rivendicano Diritti.

A tal proposito sono numerosi i comunicati di protesta, come quello della FISH sulla Finanziaria, che prospetta anche numerosi emendamenti aggiuntivi affinché vengano colmate le vistose assenze su temi essenziali; quello delle Comunità di accoglienza, CNCA, che elenca puntualmente tutti i tagli alle spese sociali contenuti del ddl finanziaria; quello del Forum del terzo settore, che critica pure le proposte di Legge governative che affosserebbero la Legge sul volontariato; quello del FADIS, federazione di insegnanti specializzati per il Sostegno, che denuncia la disastrosa situazione dovuta alla mancanza di insegnanti specializzati e l'impossibilità di realizzare un'integrazione di qualità, a causa dei troppi tagli; quello dell'ANCI, Associazione dei comuni d'Italia, che denuncia lo smantellamento del welfare, non solo quello tradizionale dello stato-Sociale, ma anche e di più quello moderno del welfare locale, a causa dei tagli agli enti locali per i progetti concordati anche con gli interessati.

A queste denunce, alle quali si spera, possano arrivare risposte con emendamenti alla finanziaria presentati da parlamentari di tutti gli schieramenti, si aggiungono le denunce di norme decisamente contro l'integrazione Sociale delle persone con disabilità, sempre più frequentemente sollevate.

Si veda la norma approvata sulla "non discriminazione, che invece, per la sua vaghezza, favorisce la discriminazione delle persone disabili nei rapporti di Lavoro; si veda l'art 14 del Decreto legislativo n. 276/2003 applicativo della Legge Biagi, che praticamente affossa la Legge innovativa n. 68/1999 sul collocamento lavorativo mirato; si veda l'art 42 del Decreto Legge che accompagna la Finanziaria, che sottrae alle persone che chiedono il Riconoscimento di invalidità il Diritto ad un ricorso amministrativo gratuito, per imporre solo quello costoso e lunghissimo al giudice ordinario, in modo quasi certamente incostituzionale, ma certamente inopportuno.

In questo Clima, si dubita che le associazioni parteciperanno alle manifestazioni governative di chiusura dell'anno europeo, perché avallerebbero con la loro presenza un anno in cui le cose positive fatte dal Governo per l'integrazione Sociale delle persone con disabilità sono pochissime, ed ancora non giunte in porto, come la Legge sull'amministratore di Sostegno.

(29 ottobre 2003)