La conoscenza e l'educazione della mano
Giustino De Matteis Aggiornato il 16/03/2023 08:00La persona che non vede, per conseguire una conoscenza del mondo sempre più ampia e corrispondente al reale, deve educarsi a cogliere e gestire tutte le informazioni provenienti dalle varie parti del suo corpo e dagli altri organi di senso. “Il Tatto” e “l'Udito”, però, hanno una prevalenza ed una dominanza più significativa sugli altri. È attraverso la stretta collaborazione di questi due canali sensoriali che la persona minorata della Vista riesce a convogliare la maggior parte delle sensazioni provenienti dal mondo circostante; sono, infatti, prioritariamente le informazioni di Natura Tattile ed uditiva quelle più incisive per la conoscenza del mondo reale.
A tal proposito – e mi rivolgo, in particolar modo, ai genitori di bimbi privi della Vista ed ai gentilissimi colleghi docenti – la persona non vedente, per conseguire una conoscenza del mondo sempre più ampia e corrispondente al reale, non può né deve ritenersi appagato unicamente dalle sensazioni che gli provengono dall'“uso delle mani”, tutt'altro: per conseguire tale ragguardevole obiettivo, egli, di giorno in giorno, deve abituarsi (deve educarsi) a saper cogliere e gestire anche tutte le informazioni provenienti dalle altre parti del suo corpo e dagli altri organi di senso. È innegabile, però, che le sensazioni tattili, quelle provenienti dalle mani, siano le più chiare e le più intelligibili, considerato che con le mani si discriminano non soltanto le texture e il gran numero delle qualità attribuibili alla Materia, ma anche tutte le diverse parti che costituiscono l'oggetto e, in maniera più specifica, “quel particolare oggetto”.
È un errore abbastanza diffuso credere che l'organo della percezione Tattile risieda unicamente nelle mani; tale privilegio o primato, invece, spetta alle labbra; si spiega in tal modo il perché tutti i bambini portano normalmente gli oggetti alla Bocca.
Il “toccare” di una a persona minorata della Vista, però, ha finalità ben differenti e specifiche. Per chi non vede, infatti, il “toccare” ha la funzione del “vedere”, dell'“osservare”, dello “scrutare”: del “conoscere”. Ma è assolutamente fuorviante, ingannevole e poco serio affermare che il “cieco veda attraverso le mani”.
Poiché la conoscenza del mondo tridimensionale nella persona che non vede avviene fondamentalmente mediante il senso del “Tatto”, è necessario che esso sia opportunamente educato ed affinato, per poter intervenire, di volta in volta, ora in maniera lenta e leggera ed altre volte con rapida consecutività. Ecco perché “educare al saper toccare” correttamente non può essere lasciato all'improvvisazione e ancor meno all'estro di qualche sprovveduto.
La “conoscenza mediante il Tatto”, se si vuol raggiungere concretamente l'obiettivo desiderato, necessita di qualche attenzione e riflessione in più di Natura Didattica-esperienziale.
Intanto una doverosa precisazione: soltanto per ragioni esemplificative si parla spesso del toccare delle mani; non credo che sia difficile comprendere, invece, che l'atto del “toccare”, “del toccare quale sinonimo del conoscere”, è una prerogativa prevalente delle dita.
Considerando che tutto ciò è propedeutico al processo della conoscenza, è utile tener presente alcuni principi fondamentali: nell'atto del toccare un oggetto è opportuno utilizzare ambedue le mani (e non una soltanto come spesso accade), così come è conveniente non tenere le mani totalmente aperte, appiattite e rigide, ma morbide e leggermente concave. Comprendo che “l'Educazione del toccare” è un traguardo faticosamente conseguibile, poiché esso non è concomitante alla cecità, ma è la condizione necessaria e doverosa per aspirare ad una futura conoscenza del mondo, rigorosamente corrispondente al reale. Una buona prassi educativa nel “toccare”, quindi, facilita il raggiungimento di tale traguardo.
È sconveniente e inammissibile notare, pertanto, che, soprattutto nell'ambito scolastico, qualcuno prenda una mano dell'alunno, la sollevi dal piano di Lavoro e la porti con disinvoltura lontano dall'altra, dalla sua posizione iniziale. Immaginate, per esempio, quale errore si compirebbe se ciò avvenisse nell'atto di “Leggere” una carta geografica in Rilievo. L'Occhio ha sì il privilegio di vedere (di cogliere) il contenuto del tragitto effettuato dalla mano in fase di “trasvolata”; al Tatto, purtroppo, non è riconosciuta tale facoltà! È doveroso tener presente tale principio, soprattutto quando l'esperienza del bambino è ancora limitata; quando la “facoltà integratrice dell'intelletto” non è ancora sufficientemente pronta ad “aggiungere o a colmare immaginativamente” le parti mancanti di un oggetto non esaminate dal Tatto.
Se si ignorassero le caratteristiche del funzionamento del processo conoscitivo della persona che non vede, le parti o le zone non esaminate dal Tatto resterebbero escluse dalla conoscenza globale dell'oggetto, ricavandone una conoscenza parziale e difforme dalla realtà.
È doveroso tener sempre presente che il processo conoscitivo mediante l'azione del toccare procede in senso opposto a quello del vedere. Nel primo caso sono le singole parti, il maggior numero di sensazioni tattili esaminate che compongono “l'insieme” o “il globale”; nel secondo, invece, è l'Occhio, il “colpo d'Occhio”, che coglie inizialmente il “globale” il “tutto” e poi si scende o si analizzano “i particolari”. A differenza del Tatto, infatti, la Vista, assumendo una dittatoriale predominanza rispetto agli altri organi sensoriali, coglie immediatamente la forma globale dell'oggetto o di un panorama.
È doveroso sapere, poi, che, dopo la registrazione delle sensazioni tattili, interviene immediatamente il secondo momento della conoscenza che assembla e sintetizza tutti gli elementi sensoriali raccolti sino a quel momento, realizzando una rappresentazione mentale unitaria dell'oggetto osservato.
È facilmente comprensibile, pertanto, che l'atto del toccare, per cogliere la maggior quantità possibile di elementi dell'oggetto, necessita di una serie di movimenti volontari in successione delle mani. Soltanto successivamente l'intelletto interviene per “integrare” – ecco la funzione integratrice dell'intelletto – le varie parti non esplorate, realizzando l'Immagine completa nel suo insieme.
È opportuno, però, che il non vedente, dopo aver colto le prime “sensazioni tattili” ed al fine di agevolare e velocizzare la comprensione globale di quel particolare oggetto, cominci subito a richiamare alla propria mente forme di altri oggetti analoghi precedentemente conosciuti. Avendo avuto già esperienza delle fattezze di un cane e delle sue caratteristiche essenziali, per esempio, esplorandone un altro, sia pure per taglia e per razza differenti, l'intelletto rievocherà alla mente il “concetto del cane”, ma assolutamente mai l'Immagine di una gallina. A ciò sono utili le prime impressioni. Partendo da tale presupposto, il non vedente continuerà ad esplorare attentamente le varie parti dell'oggetto per ottenere, infine, una rappresentazione globale, sufficientemente precisa che appartiene unicamente a quello specifico oggetto.
Ma come procede la conoscenza (la visione del mondo) mediante il Tatto?
Prendendo un oggetto tra le mani, di esso si percepisce immediatamente la sua forma generica o grezza e assolutamente non definita. Soltanto in seguito, attraverso una palpazione attenta ed accurata, si individuano i vari aspetti particolari che permettono al non vedente di costruirsi una Immagine mentale corretta, precisa e specifica appartenente unicamente a quell'oggetto. La pera che è contenuta tra le mani, somiglierà sicuramente a tante altre pere, ma, per alcune sue irrilevanti caratteristiche – talvolta non colte neppure alla Vista – determineranno “quella pera specifica” e non un'altra.
Tale compito – come affermavo inizialmente - spetta agli adulti “educare” l'alunno che non vede ad esplorare con diligenza e intenzionalità quanto cade sotto il Tatto delle sue mani. Ma, intanto, è anche doveroso che egli apprenda a muovere le mani e le dita in maniera sapiente, coordinata e leggera, per cogliere tutte le sfumature sensoriali che, successivamente, gli consentiranno di individuare realisticamente l'oggetto: proprio quell'oggetto e non un altro ad esso somigliante. Tutto ciò lascia affermare, ovviamente, che i concetti e le immagini mentali del bambino saranno tanto più chiari, precisi e pertinenti, quanto più ricca, varia e attenta sarà la sua esperienza.
Partendo da tali presupposti, quindi, non si dovrà mai ignorare che i bambini privi della Vista devono toccare tutto. Vorrei ribadire con forza, a tal proposito, che non soltanto non devono essere disapprovati od ammoniti, ma addirittura incoraggiati, sollecitati, spronati a toccare tutto ciò che può cadere sotto il controllo delle loro mani, purché, ovviamente, il toccare non pregiudichi l'incolumità del bambino. Del resto, è palese che tanto più prolungata e intensa sarà l'esplorazione manipolativa del piccolo, tanto più ampio sarà l'orizzonte delle sue conoscenze; quanto più numerose saranno le occasioni esperienziali, tanto più le immagini arricchiranno la sua mente e si delineeranno con chiarezza e dovizia di particolari e dettagli.
Tutto ciò, poi, è possibile verificarlo costantemente e riscontrare se il processo conoscitivo stia procedendo nella giusta direzione e se si stia movendo sui giusti binari. Gli educatori – in special modo – posseggono indubbiamente tutti gli strumenti didattici per verificare se le immagini mentali, quelle già acquisite dall'esperienza del bambino, corrispondono concretamente agli oggetti del mondo reale. È buona prassi, pertanto, che ciò sia frequentemente verificabile. Anzi: affinché il bambino rimuova quanto prima dal suo “cassetto della memoria” concetti ed immagini difformi dal reale, è opportuno e pedagogicamente corretto effettuare costantemente tali verifiche.
La modalità più frequente alla quale genitori e docenti fanno spesso ricorso – un po' per autocompiacimento, un po' per esibizionismo od autogratificazione – è la verbalizzazione da parte del piccolo. Si potrà considerare sempre una buona abitudine ed un ottimo strumento di verifica, purché, però, si presti la massima attenzione e la doverosa prudenza, affinché il verbalizzare non si trasformi in un “vuoto verbalismo”, quel particolare fenomeno utilizzato talvolta da alcuni bambini privi della Vista e che consiste nel pronunciare parole e nomi di oggetti o azioni di verbi senza conoscerne l'autentico significato.
Ed allora si abbia il coraggio – e non si esagera se lo si definisce un “atto di coraggio” – di far disegnare l'alunno privo della Vista e di impegnarlo soprattutto nelle attività manipolative e grafo-plastiche. Si superi l'antiquato preconcetto fin qui troppo generalizzato nell'ambito scolastico – figlio di una ingiustificata disinformazione – secondo il quale far disegnare gli alunni privi della Vista o impegnarli nelle attività plastiche-manipolative è tempo sprecato. È un preconcetto riprovevole e contrario ad ogni principio della Didattica tiflologica, anche perché, oggi più di ieri, l'Industria pone a disposizione della Scuola una vasta gamma di materiali plasmabili, come l'argilla, la plastilina, il das, la cera pongo e tanti e tanti altri. Tali materiali, inoltre, si rivelano molto utili non soltanto per riprodurre oggetti tridimensionali, ma serviranno anche per sviluppare il tono muscolare delle mani.
Se vi fosse una più adeguata informazione tiflologica in merito alle opportune e vantaggiose finalità conseguibili dall'alunno privo della Vista mediante le attività manipolative, alla Didattica del “fare” sicuramente si dedicherebbe più spazio e attenzione, risvegliando interessi conoscitivi sopiti e riattivando una vena creativa spesso inespressa.
La Traduzione o il passaggio delle immagini mentali alla forma grafo plastica, anche se costituisce un lavorio non sempre facile o semplice, è tuttavia necessario e fondamentale, poiché costituisce lo strumento più diretto e veritiero per verificare la qualità, la chiarezza e la concretezza delle immagini e dei concetti. Soltanto a seguito delle riproduzioni tridimensionali prima e bidimensionali successivamente, si potrà verificare come e quanto il processo educativo stia producendo conoscenze pertinenti e corrette del mondo reale. L'attività plastica e il Disegno in Rilievo divengono, allo stesso tempo, quindi, mezzo e strumento di verifica di valutazione del proprio Lavoro. Delle tecniche e dei sussidi più pertinenti da utilizzare in tali attività, sarà argomento da trattare in una prossima relazione.
Credo che riesca più facile comprendere ora che “l'Educazione della mano” non s'improvvisa, né si consegue toccando a malapena e timidamente un oggetto o una superficie, né zampettando di qua e di là. “L'Educazione della mano” è un processo lento e paziente che deve essere avviato dai genitori sin dal primo anno di vita del piccolo, ponendo tra le sue manine mille oggetti (giocattoli) con i quali il bambino eserciterà la sua prensione e la sua sensorialità Tattile. Tale processo educativo, però, non si esaurisce in un determinato arco di tempo, tant'è che esso prosegue con spontanea naturalezza anche nell'ambito scolastico e nel proseguo della vita quotidiana, utilizzando, a tale scopo, tutti i vari sussidi didattici e i materiali più idonei.
Considerato che le famiglie, spesso, molto spesso anzi, sono impegnate ad affrontare i primi anni del loro bimbo facendo appello unicamente al loro buonsenso, mi permetto di suggerire alcune indicazioni generiche, ma sicuramente molto utili.
Si parta dal presupposto che il bimbo non vedendo la vasta gamma di oggetti presente nello spazio circostante che gli pullula attorno – soprattutto se essi non emanano suoni e rumori – il piccolo non sarà spronato da sollecitazioni esterne a indirizzare la sua attenzione o le sue manine verso oggetti che, per la mancanza di sensazioni visive e sonore, sono ritenuti addirittura inesistenti. Ma è evidente che le primissime sensazioni tattili, olfattive e sonore il bimbo le riceve dalla sua mamma. Egli sfiora, accarezza, stringe il seno della sua mamma; ne ascolta la Voce, dolce e rassicurante o inquieta e agitata. Ne avverte la sua presenza con l'avvicinarsi o l'allontanarsi dei suoi passi, così come coglie il profumo, particolare e unico del suo corpo.
E, col passare del tempo, si pongano nelle mani del bambino oggetti vari, possibilmente in gomma, al fine di facilitarne la prensione, ma non piccolissimi per evirate che siano introdotti completamente in Bocca. Si abbia l'attenzione, però – quando ciò ovviamente è possibile – che tali oggetti, mediante il movimento o la pressione delle mani, emettano un lieve Suono o rumore.
In seguito, quando il bambino diverrà più grandicello, per migliorare il processo “dell'Educazione della mano” o per “affinamento del Tatto”, molto utile si dimostrerà la manipolazione di alcune piccole tavolette diversificate l'una dall'altra per la scabrosità delle superfici; saranno di grande vantaggio tutte le costruzioni ad incastro, differenti anche queste per grandezza e per soggetto; molto proficuo è il telaio del “coloredo”, utilizzando chiodini dalla forma e grandezza differenti. Tale comunissimo sussidio, quando l'alunno frequenterà l'ultimo anno della Scuola dell'Infanzia, si rivela molto pratico anche per eseguire esercizi di prescrittura Braille, sostituendo egregiamente il vecchio e superato "casellario Romagnoli".
Sempre in questo periodo sarà utile utilizzare anche i comuni blocchi logici, avendo, però, l'accortezza di sostituire i consueti colori con una differente ruvidità delle superfici, al fine di partecipare assieme ai compagni, eseguendo i medesimi giochi/esercizi.
Considerato quanto esposto fin qui, è comprensibile che le persone prive della Vista non abbiano alcun impedimento o alcuna difficoltà per quanto concerne la conoscenza di oggetti che possono esser contenuti tra le due mani. Le difficoltà, però, si presentano nel momento in cui si trovano di fronte ad oggetti dalle dimensioni molto grandi: un Animale dalla grande stazza, (un Cavallo, una giraffa) o la facciata di un edificio. Le difficoltà, tuttavia, sono facilmente superabili se si avrà l'accortezza di sostituire “la realtà” con uno dei tantissimi modelli riproducente fedelmente e in perfetta scala l'oggetto della conoscenza. Per ragioni completamente opposte, invece, è opportuno che oggetti molto piccoli siano ingranditi, affinché il Tatto abbia la possibilità di conoscere tutte le loro parti. Per una questione di massima sicurezza, poi, non si porrà mai un bambino, ma neppure un adulto, dinanzi ad un Animale feroce o pericoloso, come un leone, una tigre o un serpente velenoso, poiché potrebbero pregiudicare la loro Salute.
Con i modellini sarà così possibile osservare in tutte le sue parti l'insieme di un qualsiasi monumento o di una scultura più grande dell'ampiezza delle proprie braccia, ma anche la forma e le dimensioni di una Automobile, di un aereo, di una nave, di tutti gli autoveicoli destinati ai lavori e agli usi più diversi.
Poiché vi è spesso la necessità di utilizzare modelli per compensare quanto le mani non riescono a cogliere direttamente dal mondo reale, è doveroso prediligere sempre esemplari più aderenti o prossimi alla realtà; utilizzare quelli stilizzati o deformati – così come accade frequentemente in questi ultimi decenni – significherebbe far conoscere una realtà assolutamente non conforme al vero. È stato più volte ribadito che la formazione dei concetti e delle immagini mentali del bambino privo della Vista si formano conseguentemente alla conoscenza degli oggetti. Se le sensazioni percettive tattili sono imprecise o difformi dal vero, la rappresentazione mentale sarà inadeguata e non conforme.
Ed è doveroso, poi – e in ciò raccomando la massima attenzione – che il bambino si formi anche un'Immagine topografica mentale realistica dell'Ambiente circostante. Non si può pretendere che l'alunno sia autonomo, se non gli si fa sperimentare, conoscere “vedere” l'Ambiente di vita, sia quello familiare, sia quello scolastico. Le immagini topografiche mentali non si formano stando seduti, ma ripercorrendo più e più volte il medesimo Percorso. Sono immagini che si strutturano lentamente mediante l'esperienza ed imparando a sfruttare appieno la “percezione aptica” e le varie “cinestesie muscolari”. Per conseguire tali abilità, occorre educarsi ad una maggiore attenzione, concentrazione e pazienza, al fine di raccogliere tutti i dati possibili, per costituirsi una Immagine globale e sintetica.
Per questa ragione si raccomanda che la conoscenza degli oggetti tramite il Tatto sia frutto di un “atteggiamento attivo, volontario, intenzionale e interessato”. È doveroso vigilare, però, che gli oggetti non siano soltanto conosciuti, ma che si acquisisca la capacità di “collocarli mentalmente” al loro posto effettivo nello spazio.
Alla Autonomia personale, quindi, deve mirare l'intero processo di crescita della persona priva della Vista.