DiGrande.it

Non Vedenti, Braille e Tecnologie di Stampa

Questo sito usa Cookie per personalizzare contenuti e annunci, fornire funzionalità per social media e analizzare i collegamenti. Chiudendo questo banner o continuando la navigazione acconsenti al loro uso.
Leggi la Cookie Policy di DiGrande.it

Formazione tiflodidattica: domande e risposte al termine di un corso

Aggiornato il 05/10/2023 08:00 
 

In sostituzione del questionario di gradimento sull'attività formativa

D. – Giustino, perché la Scuola non riesce a rispondere ai bisogni degli alunni minorati della Vista? Eppure, dopo questa esperienza, possiamo affermare che non è un'impresa difficile. Frequentando questo breve Corso, del resto, noi siamo riusciti ad apprendere a Leggere e a Scrivere con il sistema Braille, a conoscere la segnografia Matematica, a comprendere le finalità del Disegno Tattile e le varie tecniche per farlo eseguire e, in fine, abbiamo conosciuto i tanti sussidi tiflotecnici che gli alunni non vedenti devono saper utilizzare.

R. – Bella e complessa domanda! Per rispondere cercherò, tuttavia, cercherò di essere conciso il più possibile. Le cause sono molteplici e di diversa Natura. Alla domanda, sia pure inconsapevolmente, avete risposto già voi iscrivendovi a questo Corso. La risposta della Scuola ad una adeguata inclusione è insita proprio nel maggiore o minore “credo” o “motivazione” dei Docenti. Dopo tanti anni vissuti direttamente o indirettamente nella Scuola, posso affermare che vi sono colleghi – e sono tanti e tanti – che, con consapevolezza e senso di responsabilità, onorano ed interpretano al meglio il proprio ruolo e la propria funzione professionale; ve ne sono altri, però, che, nell'atto educativo si soffermano a guardare ancora nell'alunno “la disabilità visiva” e non il bambino con le sue potenzialità intellettive. Comprenderete facilmente, pertanto, quanto differente sia l'impegno nell'azione educativa dei primi rispetto ai secondi. E tutto questo vi sembra di scarso Rilievo?

D. – Quali sono gli obiettivi ai quali deve mirare fondamentalmente la Scuola in presenza di un alunno privo della Vista?

R. – Al di là del compito istituzionale, dell'istruire, la Scuola deve assolvere un altro compito altrettanto essenziale e, per certi versi, ancor più importante: quello dell'educare e potenziare nell'alunno, mediante una specifica Educazione sensoriale, la sua globale sensorialità (ancora grezza in questo stadio), affinché egli apprenda a cogliere la bellezza e l'armonia esistenti nel mondo e, in maniera più specifica, nella Natura. Per il conseguimento di tale obiettivo, contribuirà l'arte, intesa in tutte le sue più nobili manifestazioni e sfaccettature, oltre all'Intelligenza e alla individuale sensibilità dell'animo. Un simile impegno della Scuola, amici, porrà l'alunno che non vede non soltanto ad Acquisire una Istruzione pari a quella di qualsiasi altro cittadino, ma anche e soprattutto, lo predisporrà ad “apprendere il mestiere” per costruirsi la sua Autonomia personale.

D. – In che misura i genitori possono concorrere a migliorare l'Autonomia del proprio figlio?

R. – Avrete sicuramente notato, durante le nostre conversazioni, quante volte ho sottolineato l'importanza dell'“Educazione motorio/sensoriale” nei primi anni di vita del piccolo. Abbiamo anche constatato, però, che quasi mai i genitori sono informati in merito agli interventi educativi da effettuare con il loro piccolo. Nella maggior parte dei casi, anzi, lo coccolano oltre misura, mettendo in atto atteggiamenti iperprotettivi che solitamente determinano conseguenze dannose. Per evitare tale rischio – considerato che l'iperprotezione talvolta provoca danni irreparabili sul piano dell'Autonomia personale – sarebbe opportuno che i genitori fossero adeguatamente informati e accompagnati con diligenza nel processo educativo. Un impegno educativo che si muovesse entro i binari della quotidianità e della consuetudine, alla pari di tutti gli altri bimbi, inoltre, convincerebbe i familiari che anche quel loro bambino va sollecitato per Acquisire quei comportamenti propedeutici per una futura Autonomia personale. In questo periodo, infatti, è doveroso che il piccolo apprenda a muoversi autonomamente nell'ambito della propria casa; che impari a vestirsi, a svestirsi e ad usare i servizi igienici da solo. Entro i primi sei anni di vita, il piccolo deve abituarsi ad utilizzare normalmente le posate (almeno cucchiaio e forchetta) e, soprattutto, prima di cominciare a frequentare la Scuola dell'Infanzia, ad Acquisire fiducia nei propri mezzi e nelle proprie capacità, per partecipare ai giochi di movimento alla pari assieme ai suoi compagni.

D. – In che misura e quando la famiglia deve coadiuvare la Scuola?

R. – È stato detto precedentemente che la Scuola ha il delicato compito di educare ed istruire l'alunno minorato della Vista. Non vi sarà mai, però, un determinato momento in cui il “testimone educativo” passi dalla famiglia alla Scuola. La famiglia, infatti, non dovrà mai sentirsi sollevata dal Diritto/dovere di contribuire all'Educazione del proprio figlio. Le due agenzie educative, nell'interesse del piccolo, dovranno marciare sempre l'una al fianco dell'altra, in stretta sintonia, quasi in simbiosi. Tale compito, pertanto, dev'essere assolto in contemporaneità e assieme agli altri alunni e non separatamente da loro. Un'azione educativa disgiunta dal “gruppo classe” proclama il de profundis, il fallimento del processo dell'integrazione o dell'inclusione scolastica, assegnandogli una funzione accessoria, marginale, giustificabile soltanto sotto l'aspetto occupazionale per tanti e tanti docenti.