Le agevolazioni per disabili nella Quarta rivoluzione industriale
Giuseppe Di Grande e Renzo Coletti Aggiornato il 04/12/2024 08:00Mentre le persone con disabilità parlano di inserimento e di Diritti civili, la società di cui si discute cambia le proprie dinamiche e lascia il posto a un'altra realtà che si fa fatica a interpretare. Continuare a puntare l'attenzione sulle agevolazioni come strumento della lotta contro l'emarginazione non fa che rendere ipocrita la nostra posizione di persone con disabilità visiva.
La trasformazione Sociale e industriale di oggi è unica in termini di grande velocità con cui nuove idee e tecnologie si diffondono in tutto il mondo. Ogni Associazione del terzo settore dovrebbe riconsiderare le proprie politiche sociali, per restare in linea con la società tecnologica in rapida evoluzione.
La riorganizzazione della condizione lavorativa prevede la chiusura delle piccole e medie imprese, per lasciare spazio alle multinazionali dell'industria tecnologica e alle società finanziarie e bancarie. Che peso socio-politico oggi hanno gli Stati, considerando che se i tre più grandi siti di social media popolari fossero paesi, sarebbero tra i primi paesi più popolati del mondo? Oggi assistiamo a un semprepiù veloce depauperamento della struttura Sociale precedente, quella costruita a partire dalla seconda metà del settecento con la prima rivoluzione industriale, con la seconda di fine ottocento e l'introduzione di elettricità e petrolio, con la terza dalla seconda metà del novecento incentrata sulla crescita della conoscenza e dei servizi.
Chi non vive direttamente la situazione di disabilità teorizza che le nuove tecnologie dell'industria 4.0 siano un importante supporto ai lavoratori con disabilità, pensando paternalisticamente a queste persone (noi) esclusivamente come a individui da assistere in ogni ambito della vita personale, Sociale e professionale. Mentre noi che viviamo la disabilità cinque passi indietro alla reale velocità del mondo, assistiamo impotenti all'inanellarsi di una catena di licenziamenti e precarietà che coinvolge tutte le classi sociali, alcune in maniera più profonda di altre. I tentativi di venire fuori dallo stato di marginalità si rivelano vani, mentre accogliamo l'arrivo di nuovi ospiti in una fascia Sociale che diventa sempre più affollata.
Il Lavoro da remoto, oggi chiamato smart-work, ha sollevato critiche e fatto emergere nuovi problemi. Sostenuto con la finalità di flessibilizzare il Lavoro e facilitare le esigenze personali del lavoratore, in realtà tende a far allargare la produttività e la precarietà a scapito della socialità. D'altronde il bisogno di avere un Lavoro flessibile oggi passa martellante su ogni media, vecchi e nuovi, data l'assoluta necessità delle aziende di flessibilizzare il Lavoro (loro sì) e allineare la loro capacità produttiva alla richiesta del mercato, tagliando o assumendo lavoratori in base alle esigenze temporanee di produzione, quindi considerando i lavoratori alla stregua di energia da consumare a seconda della necessità del momento. Perciò, da osservatori già cittadini ai margini, ci chiediamo quanto possa reggere questo sistema produttivo che punta solo in un senso: crescere.
Oggi, secondo i cambiamenti del Mercato, bisognerebbe più che altro affrontare il discorso di come gestire il tempo libero e in quali termini ridurre l'orario lavorativo, anziché continuare a cercare soluzioni innovative su come precarizzarlo a convenienza per evitare di assumere lavoratori. In futuro il Lavoro verrà sempre più spesso svolto per obiettivi e lo status Sociale di ognuno sarà definito dal Lavoro remoto, in cui la produttività finale sarà il metro di valutazione dell'energia Lavoro degli individui. Di più: il Lavoro a Progetto sarà un terreno di scontro tra esseri umani e macchine, in cui i singoli dovranno confrontarsi con sempre più efficienti sistemi di Intelligenza Artificiale, poeticamente intesi oggi come sistemi complessi per sollevare l'Uomo da lavori alienanti e/o pesanti.
Il mondo tecnologico prevede che entro il 2025 occhiali, occhiali / auricolari e dispositivi di tracciamento oculare acquisiscano una nuova e più efficace Intelligenza, per sfruttare gli occhi e la Vista come generatori di informazioni per le macchine intelligenti dedicate alla produzione. D'altronde per riuscire bene a prevedere il futuro l'unica soluzione è crearlo, per parafrasare Abramo Lincoln. Con l'accesso diretto alle applicazioni e ai dati Internet attraverso la visione, dicono che le esperienze di un individuo potranno essere migliorate, mediate o completamente aumentate per fornire una realtà diversa e immersiva. La disabilità, in particolare quella visiva, che ruolo potrà avere in questo cambiamento di paradigma socio-lavorativo?
Tutto questo accade mentre la politica tramonta e la logica della governance globale cancella la Democrazia. Al più "ricco", cioè il più capace e veloce di produrre ricchezza, verrà affidata la responsabilità della conduzione dei Paesi o del mondo. La vita degli individui sarà sempre più declinata alla produzione di beni e servizi, sempre meno orientata alla socialità tra esseri umani, sempre più indotta all'interconnessione di sistemi complessi Uomo-macchina.
I sostenitori di questo cambiamento epocale dicono che Internet, lo Smartphone e le migliaia di app ci stanno rendendo la vita più facile e più produttiva. Produzione e competizione sono le nuove parole chiave di questa quarta rivoluzione industriale. Tutto sottostà alla produzione, la vita è funzionale alla produttività. Più si è produttivi, più si è felici. Sebbene questa visione della vita sia oggi ampiamente sostenuta, riteniamo che, man mano che questa nuova realtà ci inserisce nelle relazioni individuali e collettive forzatamente mediate dalla Tecnologia, allo stesso tempo influenzi pesantemente e negativamente le nostre abilità sociali e la nostra capacità emotiva. Oggi l'individuo è sempre più connesso, quasi non si scollega più dal sistema, neanche quando mangia o dorme, abbandonando inconsapevolmente la socialità reale con gli altri esseri umani.
Riteniamo che lo scenario Sociale ed economico che si sta sviluppando sia il peggiore possibile per le persone con disabilità che, unite alle persone private del Lavoro e dei Diritti sociali, in futuro subiranno maggiormente una crescente condizione di marginalità. Nel frattempo i temi che i disabili visivi dibattono rimangono in superficie e trattano quasi esclusivamente di Assistenza, mentre lo Stato si fa sempre più effimero lasciando il potere a nuove organizzazioni tecnologiche sopranazionali. Se il novecento ci ha visto lottare per Acquisire una dignità collettiva di persone con disabilità e poi tentare di far emergere l'identità individuale di ognuno - la disabilità è solo una delle caratteristiche della persona ed è indegno che debba condizionare così pesantemente la sfera dell'esistenza a causa di fattori esterni indipendenti dalla volontà degli individui -, oggi la politica associativa del terzo settore tende a farci regredire verso un nuovo assistenzialismo, costituito da un lato di agevolazioni e privilegi, dall'altro di pregiudizi ed emarginazione. Politiche statali e associative comunque funzionali proprio alla quarta rivoluzione industriale, temiamo colpevolmente inconsapevoli, in cui la competizione tra sistemi e efficientamento della produttività ci vede tagliati fuori in partenza.
Viviamo in una società in cui mancano i servizi di base, quelli che credevamo acquisiti e duraturi, che invece si rivelano alle nostre coscienze in lenta e costante disgregazione. Le identità personali di ognuno continuano a restare nell'ombra, i servizi sanitari di base diventano sempre più evanescenti, l'inclusione tanto sbandierata resta più che altro confinata a dei luoghi comuni divulgati attraverso vecchi e nuovi media. Di contro si grida vittoria per una conquistata maggiore Assistenza, che dovrebbe essere Guida alla vita del Disabile, come se fosse possibile essere soddisfatti per la marginalità in cui la società dei più efficienti e noi stessi ci stiamo relegando, a causa dell'incapacità di valutare per quello che è l'assistenzialismo del secolo scorso (ottimo per il secolo precedente ma non per questo) e dell'incapacità di interpretare la nuova realtà Sociale che si sta dispiegando di fronte alle nostre esistenze.
Oggi, per esempio, per una persona con grave disabilità si fa fatica a trovare un servizio di trasporto per farsi accompagnare ad una visita medica, visita che si è costretti con tutte le difficoltà del caso a organizzare autonomamente a domicilio in forma privata, perché l'Assistenza sanitaria pubblica non offre più un servizio utile a tutti, soprattutto a quelle persone fragili con i quali i media pietisticamente e meccanicamente gonfiano i loro canali. La quarta rivoluzione industriale prevede un cambio di paradigma sul fronte Sociale, nel modo in cui si lavora e si comunica. Allo stesso modo, i governi e le istituzioni vengono rimodellati, così come i sistemi di Istruzione, Assistenza sanitaria e trasporti. Tutto ciò si è mostrato in tutta la sua terribile evidenza soprattutto in questi ultimi due anni, in cui le fragili fondamenta su cui è eretto il sistema Sociale hanno ceduto a favore di una nuova e distopica realtà.
Eppure, utilizzando degli slogan fini a se stessi, si istituiscono giornate per i disabili e per le disabilità, per le Donne, per il Cane Guida, per i sistemi di Scrittura, per il Centenario associativo (in riferimento all'Unione Italiana dei Ciechi e degli Ipovedenti), per ogni banalità che riesca a impietosire un pubblico capace solo di offrire un obolo. In una società dove il denaro è il creatore simbolico di ogni valore, la disabilità non può essere considerata una condizione egualitaria e partecipe della complessità umana. Ci resta il disperato silenzio delle nostre coscienze e volontà, mentre il nostro mondo, figlio di un Dio minore, sprofonda nel baratro dell'ignoranza culturale e dell'analfabetismo emotivo.
(*) Articolo iniziato con l'amico Renzo Coletti e successivamente sviluppato da Giuseppe Di Grande, in memoria del caro amico Renzo deceduto il 4 dicembre 2021, col quale giornalmente conversavamo di questi temi sociali.