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I bambini e il Malossi, la sordo-cecità a scuola

Aggiornato il 17/03/2020 08:00 
 

Sono il Motore della speranza, con la presenza costante del futuro che avanza: per dire che i nostri figli sono la garanzia che l'avvenire va affrontato nella migliore delle ipotesi con la massima serenità. Stiamo vivendo in questi giorni in Italia momenti direi preoccupanti per la tenuta della Salute pubblica: l'Emergenza data dal Coronavirus, una Forma influenzale nuova e complessa, che nelle cronache quotidiane ci mette a dura prova per capire cosa effettivamente stiamo vivendo come disagio da superare.

Sono stato a Napoli alla Scuola elementare Edmondo De Amicis in una seconda classe: quanti bambini, tutti attenti a parlare di comunicazione; lo abbiamo fatto in Malossi. Debbo dirvi che tra i bambini nasce e sboccia il fiore della gioia poiché l'infanzia è predisposta da subito a dialogare con tutti. Mi sono presentato: «Sono nonno Antonio, ecco la mia mano sinistra con il Guanto adatto e le lettere da battere e pizzicare». Tutti ci hanno detto chi erano: Daniel, Clarissa, Cloe, Cristian, Emilia, una trentina di voci e volti desiderosi di parlarmi. «Come l'hai imparato il Malossi?», mi hanno chiesto. Ho raccontato la mia Storia di sordocieco, poi abbiamo fatto un gioco in Braille. «Ecco la mia Tavoletta che è nata quando avevo otto anni». Si sono meravigliati, abbiamo messo il Foglio, la Guida, mi hanno riscritto il loro nome sulla mano e io l'ho trascritto col Punteruolo sulla carta lasciandola a loro come ricordo della bella giornata e come impegno per il futuro ad imparare la Scrittura e Lettura Braille. Ma ho dato a tutti un compito da fare a casa, in uno scatolone c'erano oltre trenta guanti bianchi corredati da un foglietto con lo schema delle lettere del sistema di Lettura e Scrittura Tattile Malossi, che vanno collocate sulle dita del Guanto stesso al posto giusto da battere e pizzicare. Dopo dieci giorni ci siamo rivisti: «Allora ragazzi come è andata con il Guanto?». Li ho indossati uno per uno e ognuno mi ha detto qualcosa ricordandomi il suo nome. È stato un momento di gioiosa allegria con la loro maestra Carmen che ha fortemente voluto con me e i ragazzi questa bella e forse unica esperienza. Ma prima di lasciarvi vorrei presentarvi Shata, un bambino sordocieco di cinque anni di origine pakistana che ho conosciuto all'ospedale pediatrico Santobono di Napoli. Shata si affaccia alla vita con grandi difficoltà, è molto vivace e tanto desideroso degli altri, ha problemi di adattamento al comune andamento del vivere: infatti per aiutarlo a deglutire, gli è stato applicato un apparecchio nuovo in Forma sperimentale che gli facilita l'ingestione e la digestione di alimenti adattati alle sue particolari necessità. Auguri Shata, ti siamo tutti vicino, perché una società che si proclama solidale deve avere il coraggio di gestire il diverso con consapevole determinazione: grazie alla Lega del Filo D'Oro che rende possibile questo tipo di esperienze.