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Sordo-cecità e caos da CoVid19, ci siamo ritrovati soli nel solito mare dell'indifferenza

Aggiornato il 15/05/2020 08:30 
 

Domenica 23 febbraio 2020 non faceva molto freddo, il Carnevale in tutta Italia stava per finire e tranquillamente si chiudeva una giornata direi normale; ma verso le sette e trenta di sera una notizia percorse tutti i nostri mezzi d'Informazione: in Lombardia ci sono 22 casi di Coronavirus e altri 9 in Veneto.

Ormai sappiamo tutto sul Coronavirus e credo che sia necessario domandarci dopo oltre due mesi come ci possiamo sentire nel parlarne ancora. Io, appena ho appreso la notizia, sono saltato dallo spavento, e dopo qualche attimo abbiamo letto le prime ordinanze regionali che limitavano la libertà di movimento nelle regioni maggiormente colpite. Si pensava fosse stato meglio bloccare la circolazione in tutta Italia per evitare una ulteriore diffusione del contagio da virus e infatti, passa qualche ora, e i provvedimenti restrittivi si estendono a tutto il Paese con gli inevitabili disagi che hanno portato a tutti noi.

Se dovessi descrivere con una parola quello che deriva da una simile esperienza, direi caos, e sarei piuttosto benevolo verso una società che riesce molto bene a mettere all'angolo chi è ritenuto diverso, verso coloro che ci definiscono handicappati, disabili, diversamente abili e altro e con tanto ancora. Speravamo che in certi momenti di ravvedimento Sociale, una buona parte di questa confusa umanità, si fosse dedicata a dare un aiuto al prossimo, invece ci siamo ritrovati soli nel solito mare dell'indifferenza, del pressappochismo, del non ti preoccupare che poi finisce!

Resta un macigno culturale da abbattere, un pregiudizio che non ci fa essere compresi e accettati e allora non resta da dire che andremo anche noi in giro con la mascherina, ma sotto, a muso duro, ci faremo sentire e che finalmente gli altri capiscano chi siamo, quale è la nostra identità e cosa vogliamo. Si è sentito dire in questi giorni di crisi che noi sordociechi più dei non vedenti usiamo le mani per riappropriarci della vita reale, certo! Questa modalità accentua la pericolosità del Coronavirus che si trasmette come visto e detto con la manualità ed il respiro in prima istanza: se si dovessero verificare per noi situazioni critiche, quale risposta potrebbero darci ad ogni livello le istituzioni? Potrei parlarvi delle tante difficoltà oggettive legate al mio Quotidiano che ho dovuto superare con chi mi assiste in questi tempi, ma mi piace farvi riflettere per sperare che si vada avanti con la dovuta serenità per dire con gioia che alla fine ce l'abbiamo comunque fatta.