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L'Unione Italiana Ciechi e Ipovedenti di Roma sul tema dei “Falsi ciechi”

Aggiornato il 24/11/2018 08:30 
 

Il Tribunale di Roma, X Sezione Penale, lo scorso 15 ottobre ha condannato la signora Paula Morandi a 16 mesi di reclusione e 200 mila euro di ammenda per Truffa ai danni dello Stato, in quanto si sarebbe finta cieca assoluta e di conseguenza avrebbe indebitamente percepito i benefici economici erogati dall’INPS in favore delle persone con questa grave disabilità.

Da molti anni i giornali, di tanto in tanto, scrivono articoli dai titoli esagerati e cartellonistici sui “falsi ciechi”; ancor peggio, da molti anni i tribunali di primo grado emettono sentenze contro presunti falsi ciechi che recuperano la loro cecità nei successivi gradi di Appello. Dopo anni di travaglio, di solitudine, di deprivazione, le definitive sentenze di assoluzione non vengono mai pubblicate sui giornali, perché purtroppo da noi l’onestà non fa mai troppa notizia.

L’Unione Italiana dei Ciechi e degli Ipovedenti, in ogni parte del territorio nazionale, ha svolto da sempre la sua funzione di rappresentanza, anche in queste ripetute vicende giudiziarie: a volte costituendosi parte Civile nei processi, altre volte promuovendo iniziative volte all’Educazione sulla disabilità visiva e le sue innumerevoli diversità diagnostiche e funzionali, causa di tanta incomprensione. Tutto questo ancora non è bastato, se è vero che un’altra socia cieca, di cui la sezione UICI di Roma conosce bene le fatiche personali e l’impegno associativo, oggi si trova coinvolta in questa drammatica vicenda giudiziaria ed esistenziale.

Ancora una volta, la nostra Associazione vuole essere al fianco dei ciechi e degli ipovedenti, cercando di dar Voce alle numerose vittime di “ingiusti processi” sia giudiziari che sociali e denunciando, al contempo, quei rari casi di persone che realmente falsificano la loro diagnosi ai danni dello Stato e ai danni di tutti i disabili della Vista.

L’Unione Italiana dei Ciechi e degli Ipovedenti di Roma da sempre “rappresenta e Tutela gli interessi morali e materiali delle persone cieche ed ipovedenti”: favorendo la piena attuazione dei Diritti umani, civili e sociali; promuovendo attività volte ad educare, istruire e riabilitare funzionalmente e socialmente; favorendo la piena attuazione del Diritto al Lavoro e di conseguenza sostenendo la Ricerca scientifica e tecnologica di settore; organizzando numerosi corsi di Orientamento e mobilità oltre che di Autonomia personale. Tutto questo instancabile Lavoro svolto nel corso di 98 anni di attività, ha trasformato profondamente la vita dei disabili della Vista, che da isolati stanno faticosamente diventando integrati, da elemosinanti sono diventati lavoratori competenti ed apprezzati, da assistiti stanno diventando autonomi, da disperati stanno diventando felici.

Purtroppo non è sempre così fausto l’esito del processo riabilitativo. Ci sono ancora tanti, forse troppi, non vedenti sofferenti, impacciati, disorientati e soli; spesso sono anziani, oppure persone con doppia diagnosi o semplicemente persone inserite in contesti che non favoriscono lo sviluppo psicofisico. Ci sono ancora troppi ipovedenti che non riconoscono la propria grave disabilità e pertanto restano abbandonati in un limbo di “falsa visione”, affaticati dal senso di inadeguatezza e dalla paura.

Queste persone sono quelle che l’opinione pubblica più facilmente riconosce e compatisce; queste persone, all’interno della comunità dei non vedenti, sono quelle più bisognose di solidarietà e di attenzione.

C’è tuttavia un popolo di “ciechi e ipovedenti” che, sostenuti dalle famiglie, dall’UICI, dai centri di riabilitazione, dalle scuole o forse solo dal loro coraggio, dalla loro visione di speranza e dalla tenacia, sono diventate persone “normalizzate”. Questo non toglie una briciola alla loro disabilità, alla loro incapacità di compiere le normali attività quotidiane in assenza di aiuto. Queste persone cieche studiano, lavorano, amano, crescono figli, cucinano, rammendano, ascoltano libri e film, praticano numerosi sport, viaggiano e qualche volta vivono anche da sole. Queste persone riconosciute cieche dalle commissioni mediche dello Stato, faticano a vivere in questo modo da “falsi vedenti” e faticano ancor di più nel farsi Riconoscere con dignità dalla società.

Siamo stanchi di ripetere a gran Voce i dispositivi di Legge che dal 1985 classificano i disabili della Vista in tre categorie in base al visus (ciechi assoluti, ciechi ventesimisti e decimisti) e che dal 2001 suddividono ulteriormente le cinque categorie non più solo in base all’acutezza visiva ma anche e alternativamente in base alla visione periferica.

Non crediamo più all’ignorantia legis della polizia, della Finanza e della magistratura, siamo piuttosto orientati a pensare ad una profonda difficoltà nella comunità dei “vedenti” di conoscere e Riconoscere la diversità e il cambiamento. Quando tuttavia questa rigidità di pensiero interessa organi indaganti e giudicanti, la cosa si fa seria: il pregiudizio Sociale, se trova Voce nelle aule giudiziarie si trasforma in danno alla dignità umana e in “ingiusto processo”.

La nostra Associazione e l’intera comunità di ciechi e ipovedenti, non può e non vuole più sopportare accuse che si basano su prove “inequivocabili” di normalità, quindi di Truffa, quando una persona cieca apre con disinvoltura la porta di casa, quando attraversa la strada del suo quartiere, quando Legge un dispositivo Elettronico dotato di Sintetizzatore Vocale e che per giunta è stato erogato dall’ufficio ausili e protesi delle Aziende Sanitarie Locali, quindi dalla stessa amministrazione dello Stato.

Il drammatico paradosso che stiamo vivendo consiste nell’educare i ciechi ad essere “meno ciechi”, per poi condannarli per Truffa ai danni dello Stato per essere diventati dei “falsi ciechi”; gli “artifizi o raggiri” dell’art. 640 del codice penale, verosimilmente, inducono altri in errore quando chi vede non è pronto a Riconoscere il cambiamento. Tuttavia tra un efficace risultato riabilitativo ed un reato la distanza non è piccola quanto un pregiudizio, ma è grande quanto l’esistenza di una persona.

A tutto questo gridiamo BASTA. Che si riconosca la competenza delle Commissioni per il Riconoscimento della disabilità visiva e i medici vengano messi nelle condizioni di esaminare i casi con professionalità e serenità, senza la paura di ripercussioni giudiziarie; che vengano adeguatamente formati gli organi indaganti in modo da procurare prove più serie e più consone ad un processo giudiziario; che la magistratura conservi la funzione di garante della Legge e dell’equità e non si verifichi più che, in fase giudiziaria, esami clinici inconfutabili vengano sostituiti da prove fotografiche del tutto equivocabili.

Da anni l’UICI di Roma rivolge i suoi sforzi anche in questa direzione e non si stancherà mai di offrirsi disponibile all’Educazione alla cecità soprattutto nei contesti maggiormente interessati.

D’altro canto la nostra Associazione non si stancherà mai di incoraggiare le persone colpite da questa grave disabilità, che soffrono in silenzio, che soffocano le normali paure, che inciampano e ci riprovano ancora, che si feriscono ma continuano a sognare: a tutti loro continuiamo a dire “andate avanti!”, non permettete che questo Medio Evo culturale, generatore di terrore, impedisca di vivere con orgoglio la vostra faticosa “normalizzazione”.